Il cavolo cappuccio biologico viene coltivato secondo metodo biologico senza l'aggiunta di concimi, fertilizzanti e diserbanti chimici.
Il cavolo cappuccio (Brassica oleracea) fa parte della famiglia delle crocifere, è formato da foglie spesse, sovrapposte l'una all'altra, che formano una palla e possono essere lisce o ricce.
La pianta è biennale, di relativamente lenta crescita, e presenta quattro stadi durante il ciclo vegetativo: il primo è la crescita piuttosto rapida delle foglie che, nel secondo, si dispongono nella classica formazione a palla; segue un periodo di riposo durante il quale si inizia la formazione dei bocci fiorali, e nel secondo anno appaiono i fiori e i semi.
Il Cavolo cappuccio è coltivato in tutte le regioni italiane soprattutto nel centro-sud: Puglia, Campania, Lazio e Calabria e, al Nord, il Veneto.
Si differenzia dal cavolo verza per le foglie che sono più lisce e per la parte edule (il cappuccio) che è più compatta.
Le palle vengono consumate crude o cotte: tipica è la reparazione del "cavolo acido" (crauti), molto diffusa in Trentino e nel centro-nord Europa.
Il cavolo cappuccio puù essere bianco (varietà alba) o rosso (varietà rubra). E' di origine molto antica ed è diffuso soprattutto nell'Italia meridionale. Presenta foglie verde pallido o rosso scuro, unite assieme a formare una palla
Il cavolo cappuccio venne importato in Europa dall'Asia Minore 600 anni prima di Cristo e alcune varietà di cavoli venivano coltivate dai Greci e dai Romani nel bacino del mediterraneo.
I romani lo utilizzavano per curare le malattie e con le foglie pestate medicavano ulcerazioni e ferite.
Plinio il Vecchio, nel I secolo dell'era cristiana, lo considerava miracoloso e nel 500 veniva usato come lassativo.