All’estremo lembo nord-occidentale del territorio del Parco dei Simbruini, in una zona quasi selvaggia a ridosso del pianoro carsico di Camposecco, sorge l’abitato di Camerata Nuova, a 810 metri di altitudine. Il nucleo centrale del paese, sorto nel secolo scorso, all’indomani di un rovinoso incendio, è costruito a ridosso del campanile della chiesa parrocchiale. Caratteristiche le stradine su cui si affacciano i portali in marmo bianco delle case.
Il nome di “Camerata” appare per la prima volta nel Regesto Sublacense del novembre 1060. Costruito sulla sommità di un promontorio roccioso pressoché inespugnabile, il castello di Camerata era circondato da imponenti mura nelle quali si apriva un’unica porta. Una presenza ed una difesa che durò sino al 1859, anno in cui il paese venne distrutto da un violento incendio. In pochi minuti il fuoco si propagò, e a nulla valsero i tentativi degli abitanti di Camerata e dei militari della locale gendarmeria di domare le fiamme. Il nuovo abitato venne quindi realizzato sulla pianura sottostante, ricostruendo in breve tempo il paese, al quale fu dato, appunto, il nome di Camerata Nuova.
Il territorio di Camerata (dal latino camera, tugurio ricavato nel sasso e incurvato a volta) risulta interessante anche da un punto di vista archeologico. Qui équipes di studiosi italiani e stranieri hanno rinvenuto significativi resti di epoca neolitica. Le tombe, in particolare, scavate nella roccia e chiuse con lastre di pietra, contenevano insieme alle spoglie del defunto anche oggetti che gli erano appartenuti in vita come asce, frecce e punte. Analoghi ritrovamenti sono stati effettuati anche nei dintorni di Mandela e Marcellina. Non è stato perciò difficile determinare con una certa precisione i confini entro cui si è sviluppata la civiltà locale.