Grazie alla posizione, a metà strada tra coste laziale e campane e ad una geomorfologia assai meno tormentata rispetto a quella di Ponza, Ventotene è stata frequentata dall'uomo fin dall'antichità. Oggi la popolazione è impiegata per la maggior parte nel turismo, nella pesca, nell'agricoltura e nei servizi (anche nel continente, grazie ai collegamenti marittimi).
A Ventotene è accertata la presenza di materiale protostorico, rinvenuto circa quaranta anni fa in un terreno fra il cimitero ed il pendio occidentale dell'isola. Si trattava di reperti, per lo più ridotti a frustuli ceramici, relativi all'età del bronzo (sec. XVI-XVII a.C.). Non deve sorprendere la presenza di un insediamento, anche se evidentemente riferibile ad un ridotto gruppo di capanne, in questo punto dell'isola. Infatti, come per Ponza, anche a Ventotene nella scelta dei luoghi per la frequentazione in epoca protostorica si prediligevano i punti a ridosso del ciglio roccioso (per ovvi motivi di maggiore difendibilità) ma non lontani dai punti di approdo e di facile sfruttamento del suolo. Sempre in età antica l'isola di Ventotene viene chiamata ora Pandaria, ora
Pandotira. Solo a partire dal medioevo prende corpo il fenomeno della progressiva deformazione lessicale dell'originario nome dell'isola, fino a giungere all'attuale nome "Ventotene", che molto probabilmente deriva dal termine "vento".
Sono molte e tuttora evidenti, al contrario, le testimonianze d'età romana: a cominciare dal porto di Ventotene, dove le imbarcazioni ancora utilizzano tre bitte dell'epoca. Dopo un lungo periodo di silenzio per tutta l'età repubblicana, durante la quale evidentemente l'isola risente del maggior sfruttamento di Ponza, Ventotene sale alla ribalta della cronaca a partire dallo scorcio del I sec. a.C. con la sua designazione a luogo di esilio, per vita dissoluta, di esponenti della famiglia imperiale. Spettò a Giulia il triste destino di inaugurare la serie di ospiti illustri dell'arcipelago pontino. Sappiamo infatti che nel 2 a.C. la figlia di Augusto fu relegata a Ventotene per violazione della lex iulia sulla moralizzazione pubblica, emanata da Augusto nel 18 a.C. Dopo la caduta dell'impero l'isola venne gradualmente abbandonata e per secoli le uniche presenze furono quelle dei monaci, dapprima benedettini e quindi cistercensi. Verso la metà del Settecento ripresero gli insediamenti, con il dominio borbonico.
Sull'isolotto di Santo Stefano, il più piccolo delle Pontine, sorge l'edificio settecentesco in rovina del penitenziario.
A Ventotene si fanno ammirare il porto romano scavato nel tufo, la peschiera, ma soprattutto gli imponenti resti archeologici di villa Giulia.
Si tratta dei resti di un'imponente dimora romana sul promontorio di punta Eolo, nella parte nord dell'isola, detta villa di Giulia secondo l'ipotesi che fosse questo il luogo dove fu esiliata la figlia dell'imperatore Augusto. Forse edificata nel I secolo d.C., le sue strutture si estendevano in un'area di oltre 300 metri di lunghezza e 100 metri circa di larghezza. Lo stesso cimitero di Ventotene sorge oggi quasi sicuramente su una parte dell'area dove sorgeva la villa, i cui resti visibili – dopo secoli di spoliazioni – comprendono perimetri di locali, frammenti di mosaico e d'intonaco, archi e scale.
D'interesse in paese pure l'antico borgo marino, la chiesa di Santa Candida e il Forte Torre.
Da non perdere è soprattutto la festa di Santa Candida, che si svolge ogni anno intorno al 20 settembre. Proclamata nel 1774, la patrona dell'isola e i festeggiamenti in suo onore richiamano puntualmente tutti i ventotenesi emigrati. L'immagine lignea, del XVIII secolo, adorna degli ex voto dei fedeli, viene issata su un'imbarcazione piena di fiori e quindi portata a spalla per le vie del paese in processione, col sottofondo dei suoni della banda cittadina. I festeggiamenti comprendono fuochi artificiali e il varo di variopinte mongolfiere.