Abbandonato agli inizi del XIX secolo, l'antico borgo di Galeria è oggi una delle "città morte" più affascinanti del Lazio. Nell'Ottocento, dopo l'abbandono, tutta Galeria divenne una cava a cielo aperto poiché parti degli edifici privati e soprattutto pubblici vennero utilizzati altrove. Attualmente i ruderi, riavvolti dalla vegetazione, sono meta di visite guidate di scolaresche e associazioni di cittadini.
La valle dell'Arrone ha rappresentato per migliaia di anni un elemento catalizzatore della frequentazione e dell'insediamento stanziale dell'uomo sin dall'epoca preistorica, come testimoniato dai ritrovamenti di manufatti in selce e dei resti di fauna del Paleolitico nell'era iniziale dell'emissario e nel basso corso dell'Arrone e dalle indagini archeologiche dell'insediamento neolitico della "Marmotta" presso Anguillara Sabazia.
Quanto al centro antico di Galeria, abbandonato in via definitiva nel 1809 dopo le alterne vicende di una storia che conobbe fortune commerciali, espansioni, assedi, saccheggi, ha origini antiche ma non del tutto chiare agli storici. Forse si tratta dell'etrusca Careia, appartenuta ai potenti domini di Cerveteri e Veio; forse invece questo era un insediamento dei Galerii, tribù latina dalle vicende poco note. Del periodo etrusco, ad ogni modo, testimoniano le necropoli con tomba a camera presenti lungo la forra sottostante l'abitato, nonché alcuni resti murari all'interno del borgo.
Entro muraglioni alti fino a trenta metri abitazioni, chiese e campanili sono quasi seppelliti dall'abbraccio sempreverde dei lecci e degli allori, misti tutt'intorno ad aceri, olmi e, verso il fiume Arrone, salici e ontani. Il campanile più evidente è appartenuto alla chiesa di Sant'Andrea, consacrata nel 1204 e abbattuta nel 1837 per venderne il materiale di recupero dopo il prelievo di alcuni elementi architettonici decorativi. L'orologio della porta principale, sovrastata da una torre di guardia, venne riutilizzato per decorare la porta di piazza Santa Maria di Galeria nel vicino borgo agricolo. Quanto alla rocca, possedimento degli Orsini e degli Odescalchi, mostra tuttora il poderoso sistema di muraglioni e porte che sfruttava le altimetrie naturali del terreno.