Teglieto era il paese di Berardino Viola, il principe dei briganti, tra i protagonisti di una stagione di contestazioni al potere costituito e ai mutamenti politici dell'epoca – insieme segno di innato ribellismo e disagio sociale – che nell'Ottocento queste terre allora abruzzesi ed oggi reatine vissero in prima persona. Evento scatenante fu l'annessione del Regno delle Due Sicilie – era il 1860 – al nuovo Regno d'Italia. La ribellione delle masse vedeva coinvolti tanto ex soldati dell'esercito borbonico che disertori del nuovo esercito piemontese, ma anche malavitosi, anarchici e fuorilegge. Chi era insomma questo Berardino Viola? Uno dei pochi briganti che sapevano leggere; un'anima irrequieta e ribelle; uno dei protagonisti del fenomeno del brigantaggio che si sviluppò nel Cicolano – come nella Marsica e nell'Aquilano – soprattutto con l'annessione al Regno d'Italia. Popolare tra contadini e braccianti, arrestato ed evaso più volte, a tradirlo furono infine dei confetti appena regalati al nipote Amerindo di cinque anni: seguendolo, i carabinieri di Petrella trovarono infine il suo nascondiglio, in una casa allora nascosta nella macchia del monte ma adesso ben visibile – e in ruderi – non lontano dalla strada circumlacuale. Viola morì pochi anni dopo all'ergastolo di Santo Stefano, sulla più piccola delle isole Pontine, nel 1906.