Tre milioni di anni fa gran parte dell’attuale Lazio giaceva sotto le acque del mare ed affioravano in superficie esclusivamente i massicci dei Monti Lucretili, Tiburtini, Prenestini e Lepini, mentre le cime degli attuali Monti Cornicolani, del Monte Soratte, dei Monti della Tolfa ed il Circeo erano isole.
Successivamente (due milioni di anni fa) il fondo del mare si sollevò a seguito dell’intensa attività tettonica, formando una grande pianura corrispondente all’incirca alle attuali province di Viterbo, Roma, Latina e Frosinone e parte delle acque del mare rimasero intrappolate in giganteschi laghi salati non molto profondi ai piedi dei Monti Lepini, Tiburtini, ecc. e lungo quasi tutta la fascia pre-appenninica.
Nell’ultimo milione di anni, il vulcanesimo ha modellato definitivamente il volto del Lazio come lo conosciamo oggi. Una serie di apparati vulcanici hanno squarciato gli strati sedimentari da nord a sud a causa dei complessi eruttivi del Volsino, del Cimino-Vicano, del Sabatino e ultimo, in ordine temporale, il Vulcano Laziale.
Il Vulcano Laziale iniziò la propria attività 600.000 anni fa, sorgendo a sud della pianura romana con un cono vulcanico di 60 km di base.
Questa attività si può descrivere in 3 fasi principali, ognuna delle quali della durata di migliaia di anni, intercalata da lunghi periodi di stasi.
Nella prima fase, quella più imponente, viene eruttata una grande quantità di materiali pari a 200 Km cubi circa. In questo periodo vengono riconosciuti 4 differenti cicli di attività:
1) nel primo ciclo vengono deposte tre colate piroclastiche a cui segue un’intensa attività effusiva di lave. L’area interessata è quella posta a sud-ovest;
2) nel secondo ciclo viene deposta la più imponente colata piroclastica di “pozzolane rosse”, che in alcuni punti arriva anche a 90 metri di spessore e che raggiunge i monti Tiburtini. Anche dopo questa colata si hanno attività effusive e l’area interessata è quella posta nella zona orientale;
3) nel terzo ciclo si hanno colate piroclastiche ma senza attività effusiva;
4) nel quarto ciclo si hanno ancora colate piroclastiche nelle quali vengono emessi materiali che daranno origine al “tufo litoide” o di “Villa Senni”.
L’attività di questa prima fase termina con il collassamento della parte alta del cratere del vulcano. Questo crollo determina la formazione di una grande pianura (caldera), gran parte della quale è ancora ben visibile e che, prendendo il nome dai monti che interessa, viene denominata caldera Tuscolano-Artemisia.
Nella seconda fase, che avviene dopo un periodo di quiete, sorge un altro vulcano più piccolo al centro della caldera del precedente vulcano. I nuovi monti che si formano sono chiamati Recinto interno per differenziarlo da quello esterno precedente. Questa periodo di attività risulta inferiore per quantità di prodotti eruttati, i materiali fuoriusciti sono stati di soli 2 km cubi circa.
Nella terza ed ultima fase, concentrata nella parte nord-ovest del vulcano, si è verificato l’incontro a grandi profondità di acqua e magma incandescente. A causa dell’enorme pressione creatasi si sono verificate violente esplosioni che hanno dato origine ai bacini degli attuali laghi vulcanici di Nemi ed Albano. Questa fase è stata chiamata idromagmatica. Anticamente i bacini lacustri erano molto numerosi, ma nel corso dei secoli sono stati quasi tutti prosciugati dall’uomo.