Avvistare animali selvatici nel bosco e le loro tracce è sempre impresa ardua, tranne con la neve che trasforma il suolo in un libro aperto, dove leggere le orme degli abitanti del bosco risulta più semplice. Quando regna il silenzio ovattato della neve, ma anche quando questa si scioglie e gli esemplari della fauna selvatica si muovono, il terreno innevato e successivamente il suolo fangoso rivelano la loro presenza, seppure rimane difficile osservarli.
Il momento migliore per effettuare rilevamenti è dopo un’abbondante nevicata seguita da una giornata di sole. In queste circostanze è utile esplorare il territorio in cerca di tracce per raccogliere dati utili al monitoraggio delle specie presenti e di passaggio all’interno dell’area naturale protetta. Dopo la nevicata della scorsa settimana, nel Parco dei Castelli Romani sono state avvistate, durante il sopralluogo effettuato in zona Cerquone-Vivaro, tracce di volpi, cinghiali e probabilmente lupi che sono tornati a popolare il nostro territorio.
Seguire una pista diventa la prova per capire chi frequenta la zona e le sue abitudini, di fondamentale importanza è la consistenza del manto nevoso che non deve essere né troppo alta, né troppo umida o aver subito forti processi di trasformazione, perché può rispecchiare fedelmente l’andatura dell’animale. Alcuni mammiferi posano tutta la pianta del piede (topo, tasso, riccio) e per questo vengono classificati come plantigradi, i digitigradi invece, appoggiano solo le dita e i cuscinetti plantari (volpi, lupi). Gli unguligradi imprimono sulla neve solo alcune dita dello zoccolo e la traccia dello sperone accerta l’impronta del cinghiale.
Non di rado, nel bosco s’incontrano gli escrementi attraverso i quali gli animali comunicano ai loro simili messaggi precisi, del tipo “questa è casa mia!”, o magari alcune tracce ad un certo punto possono interrompersi improvvisamente, ad indicare che l’animale si è arrampicato sull’albero vicino o che la tana si trova nei paraggi.
La dimensione e la forma dell’orma lasciata, sono prove inconfutabili per chi effettua l’indagine, che può essere falsata se la neve è deformata dal vento e scaldata dal sole in questo caso le orme si dilatano, si modificano notevolmente, e anche un esperto ricercatore può cadere in inganno. Seguire le impronte, esaminarne forma e dimensione, interpretarle, dare un nome all’animale che le ha prodotte, oltre a dare informazioni fondamentali per gli studi sulla biodiversità del territorio è anche un’attività appassionante non solo per gli adetti ai lavori, ma anche per molti escursionisti e curiosi di questo aspetto naturalistico.
Naturalmente, bisogna infilare nello zaino l’attrezzatura necessaria: un taccuino per appunti, un manuale, uno strumento di misurazione, l’essenziale per poter effettuare l’indagine. Anche il luogo riveste un’importanza non secondaria, che si tratti di un bosco o una prateria variano le condizioni climatiche e si possono trovare tracce diverse.
La neve insomma consente osservazioni di grande interesse, ed emozioni profonde nel momento in cui si avverte la presenza e si riescono ad avvistare sia tracce ma anche animali che solitamente eludono la presenza umana.