Geosito: Depositi fluvio-lacustri fossiliferi di Cecanibbio
Località: Riserva del Bamboccio
Comune: Roma
Regione: Lazio
Si tratta di un giacimento pleistocenico costituito da uno dei più ricchi depositi paleontologici messi in luce. Il giacimento è ubicato sulle pendici periferiche dell’apparato vulcanico Sabatino, e costituisce il riempimento di un paleoalveo di un corso d’acqua, scavato in uno strato di tufite granulare compatta. I reperti sono inglobati in sedimenti limoso-tufitici, depostisi prevalentemente in ambiente limno-palustre. Il complesso sedimentario corrisponde a fasi di colmamento di valli incise nel “Tufo rosso a scorie nere”, datato tra 0,49 e 0,43 Ma. Il giacimento della Polledrara è quindi attribuibile alla Formazione Aurelia, correlabile con la fase di innalzamento del livello marino corrispondente allo stadio 9 della scala isotopica (0,37 e 0,27 Ma). Il sito de La Polledrara di Cecanibbio, scoperto nel 1984, rappresenta, insieme a Castel di Guido, uno dei più ricchi depositi a Elephas (Palaeoloxodon) antiquus d’Italia. Le numerose campagne di scavo svoltesi, a partire dal 1985, hanno messo fino ad ora in luce un’area di circa 850 metri quadri, ed hanno consentito l’individuazione di varie migliaia di resti di vertebrati: Bos primigenius; Elephas antiquus; Cervus elaphus; Equus caballus; Canis lupus; Stephanorhinus sp.; Aves indet.; Arvicolidae. Associata alla fauna è stata rinvenuta industria litica su selce e su osso datata Paleolitico inferiore, ad indicare una intensa frequentazione delle sponde del fiume da parte dell’uomo, sia per procacciarsi il cibo sia per ricavare gli strumenti dalle ossa stesse. La maggior parte dei resti è composta da ossa di grandi dimensioni, in connessione anatomica; questo perché l’ambiente di riferimento rappresentava un alveo meandriforme caratterizzato da correnti molto lente, con energia non sufficiente a prendere in carico le ossa e trasportarle. Questo fenomeno ha determinato l’accumulo. Le rive dell’alveo costituivano invece una sorta di trappola naturale, nella quale gli animali avvicinandosi per bere, restavano impantanati. Questo ha permesso una buona conservazione della parte dell’animale “intrappolato”; la parte restante, che emergeva (spesso la parte superiore del cranio), veniva predata o erosa dagli agenti atmosferici dunque non si conservava.
L’ottimo stato di fossilizzazione dei reperti faunistici, le particolari condizioni tafonomiche, la posizione topografica del deposito, ubicato all’interno della tenuta agricola comunale di Castel di Guido, hanno suggerito l’idea di una musealizzazione del sito (ubicato a circa 20 km a NO di Roma, tra la via Aurelia e la via di Boccea), che è stata attuata grazie ad un finanziamento del Ministero per i Beni e le Attività Culturali in occasione del Giubileo 2000. Il sito è visitabile su prenotazione.
Bibliografia
Arnoldus-Huyzendveld A., Corazza A., De Rita D. & Zarlenga F. (1997) – Il paesaggio geologico ed i geotopi della Campagna Romana. ENEA/Comune di Roma. Pp 26-27.
Anzidei A.P. (2003) – Il museo La Polledrara di Cecanibbio (Rm). Paleoitalia n.8. Pp 9-11.