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3 Agosto 2021

La scienza al tempo di Dante

Articolo tratto dalla pubblicazione "Dante e l'ambiente", a cura di ARPAV

Dante raggiunge la “felicità intellettuale” alla quale l’uomo è chiamato, formandosi una cultura enciclopedica dalle dimensioni impressionanti, se si pensa alle possibilità di consultazione delle fonti scritte che poteva avere un uomo del Trecento.
Come osserva il Vasoli “è difficile immaginare che Dante nelle aspre e durissime condizioni di esule, peregrinante per tante contrade d’Italia, abbia potuto aver accesso ad un così vasto repertorio di autori e testi che coprono tanta parte della cultura filosofica e scientifica del tempo”.
Lo studioso apre così un campo di indagini su una circolazione ricchissima di “excerpta” di “sententiae” ed “epitomi” di carattere enciclopedico, tutto un materiale di seconda mano, (quelle che gli studenti di oggi chiamano “dispense”) delle quali Dante fece un ampio e ottimo uso perché aveva imparato a memorizzarle.
A questa caratteristica propria dell’intelligenza di Dante, sulla quale circolavano già al suo tempo molte leggende, si è dedicata una studiosa inglese, F. A. Yates, in un libro singolare quanto illuminante “L’arte della memoria” ricordato da Francesco Mazzoni, che la porta ad esaminare la
tecnica di memorizzare di Dante.

La memnotecnica medievale dell’apprendimento del sapere permetteva a Dante di crearsi un “reticolo geografico, geodetico, astronomico…tutta una fittissima serie di elementi geografici astronomici spaziali diffusi in tutte tre le cantiche, assolutamente pertinente al senso letterale
del contesto
.”
La Commedia può essere vista anche come un poema della memoria dove la sapienza cosmologica di Dante fonde in un perfetto accordo, scienza e poesia.

Ancora due osservazioni per avvicinarci ai testi di Dante filosofo e scienziato e quindi osservatore dell’ambiente naturale che lo circonda: il suo particolare modo di leggere gli “auctores” ossia le sue fonti, assumendone elementi disparati secondo il suo personale eclettismo per dire le cose in modo personalissimo e diverso dagli altri (Epistola a Cangrande). È la libertà di una intelligenza capace di mantenere una sua indipendenza di giudizio di fronte alla realtà scientifica di cui si sta occupando, segno di una “modernità” impensabile in altri intellettuali del tempo di Dante.

Altro elemento non meno “moderno” in Dante, e pure tipico dello scienziato “vero” è il suo continuo dubitare delle proprie capacità di fronte alla verità: persino nel Paradiso dove la felicità per la Verità raggiunta non offusca la coscienza della propria umana limitatezza.
Non è privo di significato, e uno dei segni della continua ricerca di armonia interna nel poema, il riapparire nel canto secondo di ogni cantica di uno dei motivi principali in Dante, quello appunto dei limiti della ragione.

Che cosa s’intendeva per scienza al tempo di Dante? Patrick Boyde fa osservare che “la distanza tra il concetto di fisica e astronomia di Dante e il nostro è più grande di quella dalla terra alla luna”. Oggi per l’uomo di media e anche di alta cultura, “la scienza mira alla interpretazione sicura di fatti veri mediante esperimenti rigorosi… tra la scienza così concepita e il Dante che viene insegnato nelle scuole la distanza è letteralmente infinita”.

Ciò che resta immutabile è la natura e tutte le sue leggi, quel mondo naturale che oggi chiamiamo ambiente, leggi che al tempo di Dante si potevano solo intuire, ma non ancora dimostrare.

Quando si parla di scienza in Dante si deve perciò sempre contestualizzare questo concetto nel suo tempo, caratterizzato da una ricchissima tradizione latina e greca attraverso il filtro della cultura araba. Patrick Boyde spiega il significato della parola scientia all’epoca di Dante: “Nel latino medievale il senso è ancora saldamente legato al participio sciens/ scientis e pertanto al verbo scire “sapere”…la scientia si oppone al sensato, al particolare, alla mera opinione, all’esperienza… alla fede, al sentito dire, alla favola, alla metafora, a tutto quello che è approssimativo. La scientia tende alla certezza e alla verità…è oggetto dell’intellectus speculativus e non dell’intellectus praticus…

 

L’articolo, sintetizzato e adattato alla pubblicazione sul web, è tratto dalla pubblicazione “Dante e l’ambiente”, a cura di ARPAV, disponibile gratuitamente on line e può essere letto integralmente dalla pagina 21, con il titolo “I libri di Dante”.

Le iniziative dedicate a Dante del Parco dei Castelli Romani fanno parte del calendario della Regione Lazio “A riveder le stelle”

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