Paesaggio viario a Civita tra antichità e Medioevo
Mai come nel caso di Civita di Bagnoregio, tra il Tevere ed il lago di Bolsena, l’erosione e le frane che interessano l’abitato da oltre duemila anni hanno creato isolamento più splendido ed esclusivo, al centro di un paesaggio e di una luce di indiscutibile bellezza.
La storia che interessa l’Alto Lazio ha intessuto anche qui le sue trame profonde e, come spesso accade, le testimonianze più consistenti su base archeologica ci portano direttamente al periodo etrusco, grazie alla necropoli scavata nella rupe sottostante il belvedere di San Francesco Vecchio. Anche la grotta dove si narra che San Francesco guarì con un miracolo il piccolo Giovanni Fidanza, meglio conosciuto con il nome di San Bonaventura, sembra fosse una tomba a camera etrusca trasformata in seguito in cappella per le orazioni.
Durante gli anni della romanizzazione dell’Etruria meridionale, Civita e Bagnoregio passano attorno al 264 a.C. dal controllo di Orvieto a quello di Bolsena secondo una direttrice viaria che privilegia i collegamenti tra il lago e il corso del Tevere. La costruzione del collegamento strategico-militare della via Cassia risalente a quegli anni taglia fuori Bagnoregio dalle grandi rotte commerciali, lasciando il territorio in un’economia prevalentemente agraria quale in qualche modo appare ancora oggi. Solo con il periodo longobardo e soprattutto medievale riprendono i traffici commerciali e culturali secondo la direttrice Viterbo - Bagnoregio - Orvieto che daranno a Civita l’aspetto attuale dell’antico borgo, così amato e apprezzato dai turisti di tutto il mondo.
Testo di Stefano Sorrentino
Foto dell'articolo di Adriano Savoretti