Istituita ufficialmente nel luglio 2015, la “Rete regionale di monitoraggio” del moscardino entra oggi nel suo quinto anno di attività. Ma cos’è una rete di monitoraggio? Chi è il moscardino? E perché monitorarlo?
Partiamo dalla prima domanda. “Monitoraggio” è un neologismo della lingua italiana che deriva dall’inglese monitoring, “osservare e controllare qualcosa in un certo periodo di tempo per osservarne gli sviluppi” secondo l’Oxford Dictionary. Nella scienza della conservazione della biodiversità il monitoraggio è la raccolta sistematica e la successiva analisi di osservazioni o misurazioni fatte su popolazioni, specie, ecosistemi o altro, con l’obiettivo di quantificarne i cambiamenti nel tempo e nello spazio.
La Direttiva Europea 92/43/CEE “Habitat”, che è uno dei pilastri della conservazione della biodiversità in Italia, prevede che gli stati membri facciano un monitoraggio permanente dello stato di conservazione di specie e habitat e che attuino apposite misure di conservazione basate sui risultati del monitoraggio.
In questa ottica la Regione Lazio ha istituito alcune “reti di monitoraggio” e una di queste riguarda il moscardino, tutelato in modo rigoroso dalla Direttiva Habitat (allegato IV). E qui rispondiamo alla seconda domanda: il moscardino è un piccolo mammifero della famiglia dei gliridi. Vive nei boschi, preferibilmente in quelli con molti strati di vegetazione (arbusti bassi, arbusti alti, liane, alberi di diversa altezza) ma anche nelle siepi molto dense e stratificate. Si nutre di frutti carnosi, frutti secchi (soprattutto nocciole, da cui deriva il nome specifico “avellanarius”), fiori, polline.
La rete del moscardino è costituita da 36 siti campione (i plot) situati in 13 aree protette regionali, un parco nazionale, una zona non protetta scarica la mappa; in ogni plot abbiamo posizionato dei nidi artificiali (cassette di legno o tubi di plastica) prendendo spunto dal protocollo messo a punto nel triennio 2009-2011 nella Riserva Naturale Selva del Lamone. Leggi il protocollo Il monitoraggio consiste nel controllare la nidificazione del moscardino nei nidi artificiali quattro volte all’anno contando gli individui presenti nella cassetta o nel tubo. I controlli sono svolti in modo sincrono dal personale delle aree protette facenti parte della rete, che realizza così una vera e propria attività di sistema.
Con i dati oggi disponibili potremo capire in quali mesi il moscardino tende a usare di più i nidi artificiali e quali nidi preferisce; potremo forse anche quantificare la relazione tra la presenza della specie e l’altitudine, considerata come un indicatore del macroclima. Nel 2020 e nel 2021 misureremo alcune variabili ambientali (copertura e altezza dei vari strati di vegetazione e della vegetazione complessiva, diametro medio delle specie legnose e altri) per capire qual è l’habitat preferenziale della specie e per dare poi indicazioni sulla gestione selvicolturale da fare senza degradare l’habitat. Il dopo è tutto da costruire, quel che è certo è che la rete esisterà a oltranza.
Il 15 febbraio, parte la ricognizione delle cassette e dei tubi per sostituire quelli rotti o deteriorati in vista della occupazione primaverile. Non c’è tempo da perdere!
Per approfondire:
Il moscardino nella Lista Rossa d’Italia: www.iucn.it
Uno studio sulla dinamica di colonizzazione ed estinzione in paesaggi frammentati clicca qui
Una quantificazione degli effetti degli interventi selvicolturali su individui e popolazione clicca qui