Sorge il paesello su una collina a ridosso del Monte Ruffo, per gli abitanti conosciuto più familiarmente con il nome di “Morritana”. Dista da Roma 60 Km, è situato a 602 m. sul livello del mare, con una popolazione di circa 398 abitanti. S’affaccia da un lato sulla conca percorsa dall’ Aniene, dove la vista spazia dalla gola su cui ergono i monasteri di San Benedetto e di Santa Scolastica, al paese sottostante di Subiaco, dall’ altra parte permette invece di osservare gli ultimi contrafforti dei monti prenestini, più in basso da verdi colline che scendono a formare un’ altra valle al fondo della quale scorre il fiumicello della Cona , affluente del fiume Aniene in cui si immette nei pressi della Madonna della Pace, frazione del Comune di Agosta. I lembi del suo territorio toccano quelli di Rocca Canterano, Gerano, Subiaco, Agosta, Rocca Santo Stefano. La presenza umana nel luogo risale a tempi immemorabili. Ne fanno testimonianza il ritrovamento avvenuto presso il paese, grotta moraitana (Monte Rufo) di un ripostiglio con sette asce di bronzo a margini rialzati, ottenuti mediante fusione. La loro base è ristretta e rettilinea e il taglio allargato e lunatico. Le asce vennero cedute dal sig. Mauro Stanislao al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “ Luigi Pigorini” “Piazzale G. Marconi, 14 Roma ( E.U.R.), dove sono ancora tutt’ oggi custodite per essere ammirate. Il nome Canterano ha origini incerte. Secondo alcuni, deriverebbe da “Kan”, capostipite della razza pelasgica e da “terapne” , abitazione, quindi “dimora di Kan”. Altri ritengono che il nome derivi dal suo fondatore, Giovanni Di Camorrano. Un’ultima derivazione, è quella che ne deriverebbe dalla gente Cantoria: dal latino Cantorianum, vale a dire fondo della gente Cantoria, intendendo forse dire con questa espressione che il fondo Canterano era affidato ai cantori di chiesa, dignitari capitolari molto stimati che insegnavano a leggere e a cantare ad adulti e ragazzi. Abitatori del paese sarebbero stati pertanto i Pelasgi che costruirono a loro difesa le mura pelasgiche, dette anche ciclopiche o poligonali, per contenere la lotta ingaggiata dai Siculi, primissimi abitatori della Valle dell’ Aniene, di cui oggi sono rimasti notevoli e ben conservati avanzi di questi macigni irregolari e colossali, scoperti nel 1856 nei pressi della località chiamata “chiostra”, non lontano dall’attuale cimitero. I Pelasgi, sarebbero venuti in Italia 13 secoli a.C., provenienti dal Peloponneso dove vivevano una vita raminga sui mari ( origine della “barchetta” sullo stemma comunale di Canterano ). Dopo i Pelasgi, una popolazione che occupò il territorio di Canterano, fu senz’ altro quella degli Equi, antica popolazione italica, che abitava le montagne tra il lago Fucino e l’ alta Valle dell’ Aniene fino ai monti Simbruini che circondano la odierna cittadina di Subiaco. Dopo numerose lotte durate più secoli, nel 458 a.C. furono vinti da Cincinnato, e Roma in cinquanta giorni prese 41 Castelli degli Equi e fu quasi del tutto cancellato il nome di quella gente implacabile nemica dei Romani. Anche dell’epoca romana e rimasta traccia nella storia. Ne fanno testimonianza il ritrovamento di due epigrafi, elencate nel Corpus Inscriptiorum Latinorum; la prima ritrovata dal sig. Filippo e Rocco De Angelis nel recinto dell’ antico castello di Canterano, la seconda invece fu trovata dal Bruzza in un giardino della scala di abitazione dell’ arciprete. Ora sono custodite all’ interno della casa comunale. Dall’epoca romana fino al X secolo non ci sono notizie certe. Il nome di Cantorano o Cantorunu o Cantoranum appare in una lapide murata nel chiostro del Monastero sublacense di Santa Scolastica prima come “monte” poi come fondum infine come castellum, facendo parte dei castelli appartenenti all’ Abbazia di Subiaco, situati in posizione di difesa. Tra l’ XI e il XII secolo , l’ abbazia aveva raggiunto il suo massimo splendore e possedeva un territorio molto esteso, comprendente tutti i centri della Valle dell’Aniene ed oltre. Gli abati eletti cominciarono presto a comportarsi da tiranni, tant’è vero che nel 1455, Papa Callisto III istituì una nuova figura, quella dell’abate commendatario, cioè un abate esterno al monastero, il più delle volte trattatasi di un cardinale. Tra questi vi fu Rodrigo Borgia, il futuro Alessandro IV, corrotto e crudele, che predilesse la Rocca di Canterano per le sue dissolutezze. La giurisdizione dell’abbazia fu continuamente contrastata dal Vescovo di Tivoli. Si giunse ad un accordo nel 1564 quando fu stabilito il ministero spirituali del Vescovo tiburtino Andrea Croci su Canterano ed altri paesi. Sotto il Papa Urbano VIII, il 15 novembre 1638, il paese tornò definitivamente agli abati sublacensi che lo governarono fino al 1753 quando passò alla Congregazione del Buon Governo, la quale si preoccupava dell’approvazione o meno delle richieste che venivano avanzate dal governatore dell’abbazia. Nella storia religiosa, Canterano fu reso illustre del Beato Amato, figlio di un certo Tagliavia canteranese, discepolo del Beato Lorenzo Coricato, ricostruttore del cenobio di Santa Maria di Morabotte, uno dei dodici Monasteri edificati da San Benedetto, e poi, distrutto dai Longobardi, il quale rimase per circa 628 anni un luogo desolato. Amato fu il primo priore del cenobio ove presto’ la sua devota e fedele servitù per 33 anni in continua penitenza di vita austera. Secondo alcuni documenti dell’epoca, appare come in quei tempi la comunità di Canterano, versasse in condizioni di estrema povertà. Col tempo le cose peggiorarono al punto che non si trovò facilmente chi volesse assumersi l’incarico di esattore del paese. Dopo il 1870, Canterano divenne uno dei tanti comuni italiani e partecipò alla vita della nazione. Numerose sono le manifestazioni religiose e civili durante l’anno, particolarmente nel mese di agosto. Tra queste spicca la festa in onore della Madonna S.S. degli Angeli che culmina con una caratteristica processione e la passeggiata gastronomica dove, tra vicoli e scalette del paese, si potranno gustare i deliziosi piatti di tradizione e al tempo stesso far rivivere nella magia di una serata speciale queste mura, che conservano intatto il loro fascino e tanto raccontano della storia del paese e dei suoi abitanti. Queste manifestazioni daranno l’opportunità ai valligiani, ai villeggianti e ai turisti di fare un’esperienza di “conoscenza-partecipata” sia del territorio che delle proprie radici, trasferendo di generazione in generazione i segreti, le tradizioni, le usanze e rilanciare il dialogo tra queste generazioni che i mass-media e la gestione poco attenta , hanno da tempo assopito. L’ obbiettivo che si prefiggono queste manifestazioni, è quello di mantenere nel tempo la tradizione popolare e religiosa, che è una risorsa importante, culturale ed anche economica di ogni popolo nel valorizzare il territorio locale, utile a comprendere il presente partendo dal passato, per conoscere le proprie radici nella vita, nei riti, nelle feste dell'anno e soprattutto per farci conoscere dal turismo culturale provinciale e regionale e confrontarci con gli altri in uno scambio produttivo e paritario.