Villa romana del primo secolo A.C.
A partire dal II secolo a.C. il paesaggio della Sabina vide l’abbandono degli antichi nuclei abitativi e la realizzazione di imponenti ville rustiche che ne modificarono l’assetto territoriale.
Nel comune di Colli sul Velino (Rieti, Lazio), in località Grotte di San Nicola, è presente la "Villae Rusticae", risalente al I secolo a.C. appartenuta a Quinto Assio, che fu console nel 55 a.C.
La Villa di Quinto Assio venne visitata da persone di rilievo come Marco Terenzio Varrone e Marco Tullio Cicerone.
Cicerone ebbe modo di visitare la villa di Assio detta “delle Rosce” descrivendone in una lettera le meraviglie. La costruzione era sopraelevata rispetto al livello dei campi, ben orientata e servita da impianti idraulici che sfruttavano le vicine sorgenti di Santa Susanna, note all’epoca come Septem Aquae.
Al racconto di Varrone si deve invece la puntuale descrizione sull’organizzazione degli spazi, suddivisi fra "pars dominica" e "pars rustica", in cui la zona padronale era caratterizzata da raffinate decorazioni in oro e turchese sulle pareti e pavimenti in mosaico.
Ippolito Tabulazzi, nel seicento, narra di importanti ritrovamenti archeologici presso la villa ed introduce la leggenda secondo la quale demoni, sotto forma di serpente, erano rimasti a custodia dei tanti tesori sepolti sotto le rovine; “E dopo una lunga escavatione si scoprì un portentoso e grosso serpe… di che sbigottiti e spaventati i cavatori lasciarono l’impresa imperfetta considerandosi perciò che fusse più tosto questo mostro infernale che animale terrestre o naturale”.
La villa non viene più menzionata fino al 1872, quando si ha una segnalazione dei suoi ruderi in località “Grotte San Niccolò”. Nel 1902, nel corso di alcuni lavori, vengono rinvenute monete, laterizi e una cisterna d’acqua piovana vicino ai resti della villa descritti da Pier Giuseppe Colarieti Tosti.
La cisterna, molto graziosa, ha dimensioni contenute (circa 6 x 9 metri), è sostenuta da otto pilastri ed è rivestita internamente da intonaco impermeabile.
Sul lato a monte, alcune aperture erano funzionali a catturare le acque della vicina sorgente, inoltre sono presenti delle canalizzazioni verso una struttura adiacente a forma di vascone o fontanile ancora oggi identificabile.
La villa doveva trovarsi sulle sponde del Lago Velino, sul pendio denominato “Promontoro”, incastonata in un contesto paesaggistico di grande suggestione. Ciò che ne rimane è un tratto murario di circa cento metri, in opera poligonale, con sette imponenti nicchioni che sono la probabile struttura residuale di un criptoportico.
Nel terreno circostante sono stati individuati una serie di ipogei artificiali molto antichi, che con buona probabilità erano posti in comunicazione con alcune strutture delle villa e che devono aver dato origine al toponimo “Grotte di San Nicola”.