Frequentato dall’uomo fin dall’età preistorica, il sito conserva tracce dei molteplici insediamenti avvenuti nel tempo: dai resti di una villa romana del I secolo a.C., all’insediamento agricolo del secolo VIII d.C., al mulino ad acqua realizzato nell’800.
Era il 9 ottobre 1830 quando il marchese Urbano del Drago Biscia Gentili chiese al Tesoriere dello Stato Pontificio l’autorizzazione a costruire un mulino ad acqua sulle sponde del Treja a Monte Gelato. L’autorizzazione fu concessa e, partendo dai ruderi esistenti, il nuovo mulino venne costruito a tempo di record: nell’aprile del 1831 la costruzione era ultimata e, poco dopo, l’attivo marchese rivolse una seconda domanda allo Stato della Chiesa per poter installare anche un laboratorio per la lavorazione del ferro “valendosi dell’avanzo delle acqua che serve già ad un suo mulino a grano”.
Inizia così la storia della Mola, fatta di restauri resi necessari dalla violenza delle piene, di continui aggiustamenti delle strutture che vengono modificate a più riprese a causa di gravi problemi soprattutto per la ferriera. Il mulino è dato in affitto – prima in cambio di una percentuale del macinato e poi di denaro contante – a mugnai della zona anche se, dal punto di vista economico, l’impresa stenta a decollare a causa della lontananza del mulino dai paesi più vicini.
Tra alterne vicende, il mulino continuò a funzionare fino al dopoguerra: l’ultimo mugnaio, il signor Tulipano di Mazzano, ha lasciato la sua testimonianza raccolta in un volume dedicato a Monte Gelato. Poi la Mola, tornata al silenzio, divenne meta di tutt’altro genere con la comparsa della macchina da presa sulle sponde del Treja.
Dopo diversi anni di abbandono, la mola è stata recuperata dal Parco e attualmente ospita una mostra permanente che, attraverso plastici e pannelli, illustra alcuni aspetti della struttura e del territorio circostante.